Notizie Santa Maria dell’Aspro e il frate “ribelle tranquillo”

 

Ci sono luoghi che non si visitano, si vivono.  Luoghi dove il tempo non è nemico ma compagno.

Nel cuore della Basilicata, incastonata tra le vette del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri – Lagonegrese, si apre una terra di silenzi profondi, di boschi che respirano con te, di paesi aggrappati alle rocce e di storie sussurrate dal vento, la Valle dell’Agri. È qui che il turismo lento trova la sua voce più autentica. Camminare in Val d’Agri non è solo muoversi, è ascoltare, ritrovare il  ritmo del proprio passo, il battito del proprio cuore e  il senso della presenza.

Scegliere la Val d’Agri per un viaggio lento non è una moda ma una necessità dell’anima. In un mondo che corre qui si rallenta, si cammina, si respira, si osserva, si parla e soprattutto si ascolta. Destinazione ideale per escursionisti, pellegrini, viandanti moderni, ma anche per chi semplicemente ha bisogno di riscoprire la bellezza delle cose semplici.

Camminare in Val d’Agri è imparare che viaggiare non è arrivare ma restare in un luogo, con la mente, con il cuore, con la memoria. E quando si ritorna a casa qualcosa di questa terra rimane, il profumo dei boschi, il rumore delle foglie calpestate lungo i sentieri, una promessa lasciata alla montagna.

Il turismo lento qui è una necessità perché solo rallentando si può cogliere il vero significato dell’essere accolti da una terra che non ha bisogno di gridare per farsi notare, è un modo diverso di guardare il mondo, è scegliere strade secondarie invece che autostrade.

Non serve andare lontano per perdersi nel bello.

Qui il tempo non scorre con le lancette ma con il passo lento dei viandanti e il respiro quieto della terra. È il  tempo del cammino, quello che riconnette l’anima al paesaggio e da voce a luoghi dimenticati. E proprio in uno di questi angoli sospesi tra storia e silenzio, sorge il Monastero Francescano di Santa Maria dell’Aspro, nel borgo di Marsicovetere, nascosto tra le pieghe della Basilicata più autentica.

Tra le  colline che sfumano nel verde e le pietre che raccontano storie antiche, il pellegrino moderno ritrova qualcosa di prezioso: la meraviglia della lentezza, il senso dell’attesa e quella fragile bellezza che solo i luoghi fuori dal tempo sanno donare. Il monastero di Santa Maria dell’Aspro, ex Convento di Santa Maria di Loreto, non è un luogo da visitare, ma da raggiungere con rispetto, non si guarda,   ma si ascolta, perché è molto di più  di una semplice tappa, è un incontro. Quando si sale lungo le pendici del monte Volturino, sul sentiero che da Villa d’Agri (frazione di Marsicovetere) porta al Convento, il paesaggio si apre su spazi verdi, ulivi nodosi, arbusti di ginestre, rocce spoglie.

Il rumore del mondo si affievolisce passo dopo passo, lasciando spazio al respiro della  natura, al fruscio del vento tra le fronde, al battito del cuore che si fa eco tra le colline. Il silenzio cresce e ci si ritrova sospesi nel tempo, tra rovine, frammenti di pietra, segni di restauri recenti. Non è solo un cammino fisico, ma interiore, ogni passo verso il convento invita a rallentare, a contemplare la meraviglia del Creato nel panorama che, in un tramonto, si fa pittura e preghiera. Santa Maria  dell’Aspro appare all’improvviso, discreta e raccolta, quasi volesse farsi trovare solo da chi davvero la cerca, e non colpisce con la grandiosità ma con la sua sacralità silenziosa. È una chiesa che sembra nata dalla terra stessa, una continuazione naturale del paesaggio, fatta della stessa pietra che ha visto generazioni pregare, sognare, sperare. Il suo nome “Aspro”, parla di asprezza forse del terreno su cui è sorta nel XII secolo, forse delle vite  che qui si  sono intrecciate nei secoli. Ma in questa parola c’è anche la forza, la tenacia della fede popolare, la dolcezza nascosta tra le rughe del tempo.

La presenza Francescana in Basilicata è viva a partire dagli anni 30-40 del XIII secolo, l’ordine religioso francescano con le sue quattro famiglie dei Conventuali, degli Osservanti, dei Riformati e dei Cappuccini è quello maggiormente diffuso, e sul finire del 1200 e l’inizio del 1300 sorgono i primi insediamenti avviati alla stabilità conventuale in alcuni centri della regione. Non mancano in territorio lucano, stazioni eremitoriali, due di queste si trovano proprio in Val d’Agri: San Michele presso Saponara (Grumento Nova) e Santa Maria dell’Aspro presso Marsicovetere.

E qui, sul pendio della Valle dell’Agri è custodita ancor oggi l’eco di una voce, quella di Angelo Clareno, frate “ribelle tranquillo”  che fece del Monastero di Santa Maria dell’Aspro il suo ultimo rifugio. Al secolo Pietro Chiarino, fu l’esponente di spicco del movimento degli Spirituali che attraverso una interpretazione molto rigida della regola francescana, aspiravano ad una vita ascetica, povera, particolarmente austera ed intransigente. Per i canonisti del ‘300 gli Spirituali sono una sorta di setta eretica e per questo, nel 1334 il Papa Giovanni XXII ordina la cattura di Clareno per sottoporlo a giudizio. Il frate riesce a darsi alla fuga ma bisognava individuare un luogo sperduto e difficile da raggiungere e, in pieno ‘300, il sud Italia è il luogo ideale per offrire rifugio ad un perseguitato.

È così che la Valle dell’Agri, a quel tempo inaccessibile e selvaggia, si offrE quale luogo ideale ad Angelo Clareno che, dopo una vita di privazioni e austerità, ferma la sua fuga nell’eremo di Santa Maria dell’Aspro presso Marsicovetere. Il motivo per cui si ferma proprio in questo luogo ci è ignoto, come anche l’itinerario del suo viaggio, ciò che rimane della vicenda sono le notizie circa il soggiorno in Val d’Agri di questo frate dalla figura controversa e affascinante. L’ambiente umano e naturale che caratterizza questi luoghi è il terreno fecondo dove si innestano le radici di queste esperienze eremitiche e mistiche. Se per l’eremita era importante la salute dello spirito più di quella del corpo, la guarigione dalle malattie era il desiderio degli abitanti dei luoghi limitrofi a Santa Maria dell’Aspro, del popolo minuto composto soprattutto d contadini e pastori. Stando ai testi agiografici sul Clareno la popolazione della Val d’Agri soffriva di diverse patologie agli occhi, alle braccia, alle gambe ed alla gola, oltre ad essere flagellata da tumori di ogni tipo. Secondo i documenti il frate spirituale guarì un bambino di Satriano, un piccolo lebbroso di Saponara e un ragazzino di Montemurro. L’intervento del Clareno fu miracoloso per guarire piaghe, fistole e ingrossamento dei linfonodi come nel caso di un muratore di Viggiano che si recò all’eremo per ottenere l’imposizione delle mani. Il frate, per non dare di sé l’immagine del taumaturgo, si rifiuta più volte ma poi, convinto dall’insistenza del malato, lo toccò determinando la scomparsa della malattia.  Clareno muore nell’eremo alle pendici del monte Volturino nel 1337, e benché nel  tempo la memoria materiale sia svanita, di lui restano questi preziosi ricordi a testimonianza di una pagina affascinante del francescanesimo lucano che accolse una delle figure straordinarie del ‘300, uno degli uomini più ammirati e più denigrati di quel tempo, uomo  di grande cultura che dopo aver vissuto ad Avignone negli anni della corte papale, girovagato per l’Italia, perseguitato e fuggitivo, termina la sua esistenza in questo luogo remoto nell’interno della Basilicata tra boschi selvaggi e silenzi profondi, luogo di vita ascetica e severa.

Sebbene qui il tempo sembrI essersi fermato, nel 2008 ha avuto inizio una campagna di recupero del Monastero, è stata rinvenuta la pavimentazione originale e negli ultimi anni è stato possibile il recupero della Chiesa e delle mura grazie all’opera di restauro del Comune di Marsicovetere.

Visitare oggi Santa Maria dell’Aspro è un “pellegrinaggio lento” e non serve necessariamente essere credenti per essere avvolti dal fascino di questo luogo.

Visitare luoghi come questo significa onorare la lentezza, restituire valore alla storia, al tempo, alla spiritualità. È un turismo che non consuma ma accarezza, che non prende ma riceve, non fotografa soltanto ma affascina e contempla.

 

Agnese Rubino

Foto: Pellicoro, Alessio(https://dati.beniculturali.it)

Wikipedia

Parrocchia Villa d’Agri B.V. Addolorata

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